Quali sono le azioni messe in campo dal Comune di Bologna per contrastare l’emergenza abitativa in corso? Quale sarà il ruolo del mondo cooperativo nelle nuove politiche abitative?
A queste domande ha provato a dare risposte il quarto e ultimo appuntamento di confronto tra mondo cooperativo bolognese e pubblica amministrazione sui temi della Grande Bologna, il piano programmatico di mandato del Comune di Bologna,
Dopo l’incontro con Annalisa Boni sul Pnrr, quello con Rizzo Nervo sul Welfare e quello con Raffaele Laudani sul Piano urbanistico generale (Pug), questa volta al centro del confronto c’è il Piano dell’Abitare del Comune di Bologna.
Presenti Emily Clancy, vicesindaca con delega alla casa, emergenza abitativa, abitare collaborativo e cooperativo del Comune di Bologna, Marco Guerzoni, direttore Settore Politiche Abitative del Comune di Bologna, Rita Ghedini, presidente di Legacoop Bologna e Simone Fabbri, Responsabile relazioni esterne e sostenibilità.
Ad aprire i lavori Rita Ghedini, che ha inquadrato il problema dell’abitare all’interno del più ampio problema demografico, che vede un aumento degli over 65% che porta “a un aumento persone che vivono sole, con necessità di assistenza collegate all’abitare in autonomia”.
La difficoltà di reperire alloggi sta diventando, inoltre, per Rita Ghedini, “un fattore critico per lo sviluppo e un elemento di freno per i lavoratori” di cui invece ampi settori dell’industria ha bisogno.
Dall’altra parte, elementi ritenuti positivi sono “la grande capacità attrattiva di Bologna”, sia dal punto di vista lavorativo che dal punto di vista culturale, “capacità che può durare nel tempo” e poi “il ruolo dell’ecosistema cooperativo nel sostenere i bisogni abitativi” attraverso “le cooperative di abitanti, la proprietà indivisa, le cooperative di costruttori ma anche la cooperazione sociale”.
Simone Fabbri sottolinea “il ruolo della cooperazione sociale nella mediazione del conflitto” e l’importanza del piano abitare nel breve e lungo periodo, ovvero “sia per dare risposte all’emergenza che nella pianificazione”.
Fabbri lancia poi i temi del dibattito, ovvero “capire quali sono i principali pilastri di sviluppo del piano abitativo, e quali sono i fattori abilitanti per la cooperazione di abitanti come soggetto attuatore di ERS, e sia per la cooperazione sociale, intesa come soggetto dell’abitare collaborativo e sia come soggetto dentro l’agenzia sociale per l’affitto.
Emily Clancy apre il suo intervento sottolineando come l’attrattività di Bologna non deve svilupparsi “a discapito delle fasce più deboli”, mettendo in evidenza poi alcuni linee di sviluppo del Piano abitativo, come i “tra grandi poli per una nuova idea di abitare: Il quartiere sociale ecosostenibile al Lazzaretto (280 alloggi di edilizia sociale in affitto di cui 92 a servizio di un nuovo studentato pubblico); Il distretto dell’innovazione all’ex Scalo Ravone (130 alloggi) e l’ex Caserma Stamoto (280 alloggi).
“Tutti luoghi”, conclude Clancy, “dove ci sarà ampio spazio per le cooperativa sociali”.
Nel piano sono previsti inoltre anche cinque edifici pubblici per sperimentare forme di abitare collaborativo: la comunità energetica Fioravanti 24 (11 famiglie e 33 persone), il condominio solidale intersezionale e intergenerazionale XXI Aprile 15 (16 famiglie e 31 persone), il condominio solidale Capo di Lucca 22, il condominio collaborativo per studenti e famiglie Barontini 17 (70persone di cui 30 studenti) e il Cohousing Boccaccio 1 (13 alloggi).
Tra gli strumenti di governance proposti l’Agenzia sociale per l’affitto, “il tentativo del pubblico di entrare nel mercato della locazione” per favorire locazioni a canoni ridotti tramite “significativi incentivi pubblici per il locatori”. Su questo aspetto, sottolinea Clancy, “è in corso una riflessione sull’ente gestore”.
E poi la variante al Pug, così come raccontato da Laudani in uno degli incontri precedenti e un Osservatorio metropolitano sul sistema abitativo “per rendere permanente il dialogo e le analisi sulle politiche abitative”.
L’ultimo intervento è di Marco Guerzoni che sottolinea come dal punto di vista del governo “non si stia muovendo nulla” e di come il Comune di Bologna si stia “muovendo in solitaria”.
C’è poi il riconoscimento del sistema della cooperazione in ambito abitativo dove nella variante al Pug “è stata riconosciuta la cooperazione di abitanti a proprietà indivisa come edilizia sociale.” Ma le cooperative, secondo Guerzoni “possono anche essere un soggetto aggregatore e educatore dei soggetti privati” che arrivano in Comune con progetti nel campo dell’abitare.
In chiusura Rita Ghedini, che esplicita la volontà di Legacoop Bologna di iniziare “un percorso di analisi dei bisogni dei soggetti in lista d’attesa” con l’intenzione di “mettere a disposizione risultati e strumenti su bisogni, aspettative, risorse ed energie”.
Vanno poi trovati strumenti di “supporto finanziario”, alla luce del fatto che lo “sviluppo di progetti di edilizia mutualistica vanno poco d’accordo con la finanza tradizionale.”
E infine un appello, “servirebbe piano casa regionale e un piano casa nazionale che purtroppo non sono all’orizzonte. Il bisogno di casa è troppo forte e sta diventando un limite allo sviluppo economico”.