Una tavola rotonda per discutere il ruolo dell’Economia sociale in relazione agli obiettivi dell’agenda Onu 2030. Anche alla luce del recente Action Plan europeo, che ha definito ruolo e linee di sviluppo dell’Economia sociale all’interno dei paesi dell’Unione europea.
In sala, Anna Lisa Boni, Assessora del Comune di Bologna ai fondi europei PNRR, alla transizione ecologica e alle relazioni internazionali, Tiziano Treu, professore emerito dell’Università Cattolica di Milano e già presidente del Cnel, Ruth Paserman, direttrice della direzione generale per l’occupazione, gli affari sociali e l’inclusione della Commissione Europea, Gianluca Salvatori, segretario generale di Euricse, Daniela Freddi, responsabile del piano per l’economia sociale della Città metropolitana di Bologna, Vincenzo Colla, assessore allo sviluppo economico e green economy, lavoro e formazione della regione Emilia-Romagna e Rita Ghedini, presidente di Legacoop Bologna.
Ad aprire i lavori, Simone Fabbri, responsabile area sostenibilità di Legacoop Bologna, che, nel sottolineare “la responsabilità nazionale ed europea della città di Bologna sul tema dell’economia sociale” ha voluto condividere con i presenti le tre linee di sviluppo che Legacoop Bologna sta portando avanti rispetto ai temi dell’economia sociale, ovvero, tenere strettamente legati gli obiettivi dell’Agenda ONU 2030 al modello di sviluppo e agli attori dello sviluppo economico; proporre un utilizzo della spesa pubblica in chiave strategica, come leva per uno sviluppo locale delle comunità basato sulle persone e promuovere “città intelligenti” nelle quale la conoscenza è condivisa e costruita assieme in una logica di “knowledge mobilisation”.
La parola passa poi ad Anna Lisa Boni, che, partendo dall’analisi dei limiti dell’attuale modello di sviluppo capitalistico globalizzato che “ha dimostrato di non avere capacità di generare sostenibilità, giustizia e inclusione”, ha evidenziato il ruolo sempre più centrale dell’economia sociale, che “mette al centro i bisogni delle persone”, e “ha mostrato maggiore resilienza di fronte alla crisi” ed è stato in grado di funzionare particolarmente bene “nello sviluppo locale” come nelle “aree interne o a rischio di degrado” dove ci sono “esperienze di impresa che spesso nascono dall’auto organizzazione di cittadine e cittadini che, partendo dalla volontà di dare una risposta ad un bisogno di una comunità, contribuiscono ad attivare partecipazione di inclusione”.
In conclusione Anna Lisa Boni ha ricordato anche come nel Comune di Bologna sia iniziato un percorso partecipato “che porterà ad adottare il Piano metropolitano per l’economia sociale” con l’obiettivo di “fare dell’area metropolitana di Bologna un modello di lavoro buono, di partecipazione, di inclusione sociale che serva al territorio, ma anche a sperimentare policy innovative”.
Ruth Paserman ha commentato la recente raccomandazione del Consiglio Europeo verso gli Stati membri, in cui si invita ad adottare, entro 18 mesi dall’approvazione, una strategia nazionale per l’economia sociale e un quadro normativo che ne favorisca lo sviluppo.
Paserman ha parlato anche delle risorse messe in campo a livello europeo a favore dell’economia sociale, con uno stanziamento di 2 miliardi e mezzo di euro nel periodo 2014-2020 e la prospettiva di aumento di questa cifra per il periodo 2021-2027, attraverso vari strumenti che verranno riuniti in una piattaforma online, il “Social economy gateway” con l’obiettivo di raccogliere in un unico portale “ non solo le possibilità di finanziamento, ma anche le normative e politiche europee.”
A questo si aggiunge il nuovo programma Invest You, “che è una garanzia a prestiti e operazioni di investimento, finanziato con 2 miliardi e otto”.
L’intervento successivo è affidato al prof. Tiziano Treu, che, partendo da due elementi giuridici ovvero il Codice del terzo settore e il Principio di sussidiarietà, ha evidenziato come “la realtà del terzo settore non è solamente un insieme di brava gente che fa opere pie, ma è un settore dell’economia importante che è anche potenzialmente alternativo rispetto agli obiettivi della sostenibilità.”
C’è poi il tema dell’elaborazione di un conto satellite, “che si chiama così perché il sole è il sistema conti nazionali” ma che verrà integrato dal conto satellite rappresentato dall’economia sociale. “Un processo importante che spero che questo governo non abbandoni”.
Gianluca Salvatori è partito dal considerare le caratteristiche dell’economia sociale ovvero, “porre la persona al di sopra del profitto, destinare utili e patrimonio alla missione in tutto o in parte e infine quella di avere dei meccanismi di governance democratici o partecipativi.”
Caratteristiche che riguardano cooperative, mutue, associazioni senza scopo di lucro, imprese sociali e fondazioni, con una tendenza verso “una maggiore imprenditorialità” e quindi una maggiore produzione di economia, tramite una spinta dal basso che viene normata quasi sempre a posteriori. Come nel caso recente delle Comunità energetiche.
A livello di situazione internazionale, Salvatori ha parlato di “un allineamento di pianeti come non si era mai verificato da cinquant’anni a questa parte” con una serie di pronunciamenti importanti come la “l’action plan europeo, la raccomandazione dell’Ocse, il club dei Paesi più ricchi al mondo, la risoluzione dell’Assemblea generale dell’Organizzazione internazionale del lavoro e la risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.”
Sempre secondo Salvatori, questo crescente interesse è dovuto al fatto che “negli ultimi 15 anni c’è stato un massiccio ritorno dello Stato, che è servito per uscire da tutte le crisi, dal 2008 in avanti”. “Un esercizio del potere non sostenuto dal consenso dei cittadini o parzialmente sostenuto dal consenso dei cittadini”. E in questa prospettiva il ruolo dell’economia sociale servirebbe “a riannodare i fili del rapporto tra cittadini e istituzioni”
Tra gli attori dell’economia sociale, ha parlato Rita Ghedini, che ha messo in evidenza come la cooperazione, in un contesto di crisi generale “sia andata in crisi meno degli altri”, in virtù del fatto di essere “per natura, basati sulle persone” con il dovere di “dare risposte in termini di scambio mutualistico” che ha portato quindi a “ salvare i posti di lavoro”.
Ora tutto il mondo cooperativo deve entrare in una nuova fase, e “c’è il bisogno di capire come questo nuovo paradigma si sviluppi. Un modello che sia più armonico non solo tra capitale e lavoro ma anche con l’ambiente.”
Infine la chiusura, “la cooperazione è pronta a giocare un ruolo importante, a condizione che si faccia sul serio”.
Daniela Freddi, ha raccontato poi il percorso di costruzione del Piano per l’economia sociale del Comune di Bologna, “un piano pionieristico in Italia e in Europa, con una grandissima carica di novità che non vogliamo sia uno spot ma una policy sistemica”.
Sullo sfondo il modello europeo “adattato al nostro territorio, per costruire una linea di policy locale che potesse parlare una lingua europea, attraverso una grammatica comune.”
Per fare questo Daniela Freddi ha sottolineato l’importanza di una partecipazione ampia, con più attori possibili, che partirà con un questionario, lanciato in questi giorni, indirizzato a tutti i portatori d’interesse.
A concludere la tavola rotonda, Vincenzo Colla, che ha sottolineato come l’elaborazione che si sta facendo a Bologna sull’economia sociale sia la più avanzata, e di come questa discussione “vada collocata in uno scenario globale” e in “un perimetro europeo dove si gioca la partita di una di una nuova cultura della redistribuzione, di stampo progressista”.
Colla ha parlato anche di centralità dell’economia sociale in relazione sia alla tecnologia che “polarizza ricchezza, ma polarizza anche competenze e poteri che non sono in grado di governare e di fare la giusta mediazione”; e sia in relazione alla demografia, dove si perderanno circa 1 milione di giovani in 10 anni, e che oltre a “portare ad avere sempre più bisogni sociali” portano a un problema di Pil da una parte, ma dall’altra a “un problema di genialità, di saperi, di comunità, di condizioni, di scuola e di istruzione”.
Infine Colla sottolinea il tema del “patto per le competenze” che porta “l’autonomia dei soggetti e alla libertà dei soggetti ovvero a un’operazione di trasversalità democratica”.