Durante la conferenza sui beni comuni urbani che ha animato l’Opificio Golinelli il 6 e 7 novembre scorso, è emerso da più interlocutori il ruolo che chiave che gioca Bologna (non a caso scelta come sede del convegno internazionale) nella mappa europa, come buona prassi di governance partecipativa, in cui il connubio fra amministrazione pubblica e soggetti privati del terzo settore è dinamico e vitale.
Durante la manifestazione, la redazione di Vicoo ha intervistato l’assessore all’Economia e promozione della città di Bologna, Matteo Lepore.
Assessore, Bologna da molti soggetti è riconosciuta come una delle esperienze più avanzate di gestione circolare dei beni comuni, in un circuito virtuoso di governance che mette assieme pubblica amministrazione, cittadini e imprese sociali. Come si è arrivati a costruire questo successo?
Sono molte le imprese in città che fanno innovazione sociale, c’è un grande fermento che si innesta in un tessuto sociale già ricco di realtà associative e cooperative: da qui siamo partiti, e anche grazie al regolamento sui beni comuni che abbiamo recentemente approvato abbiamo cominciato a siglare 164 patti di collaborazione fra cittadini e pubblica amministrazione, spaziando dal welfare al verde pubblico, dalla cultura al recupero di spazi urbani abbandonati. Una città in movimento perenne, da qui siamo partiti….
In questo nuovo approccio di governance delle nostre città, che ruolo gioca la PA e come può migliorare il suo assetto in vista di queste nuove sfide?
La collaborazione non è qualcosa che si sostituisce alla legge o alle regole. Si sposta di lato e cerca di costruire un orizzonte di fiducia: si cerca di fare in due mesi quello che prima si faceva in un anno, si fa in 4 mosse quello che prima necessitava di 20 passaggi burocratici, cercando di avere un solo punto di riferimento per le pratiche, magari valorizzando spazi dismessi e concedendoli ai cittadini. Tutti passaggi necessari per migliorare gli approcci e la visione della PA con i cittadini. Alcune leggi nazionali stanno andando in questo senso, e stanno guardando alle esperienze amministrative locali, fra cui Bologna, come esempio da seguire. Un buon segnale, che si aggiunge a tutto quello che di buono è stato fatto finora.
In questo incontro organizzato da LABGOV, sta emergendo un interessante asse di lavoro fra due realtà molto diverse ma animate entrambe da un certo dinamismo, come Bologna e Barcellona. Quali punti di contatto e quali sfide comuni fra i due territori?
Bologna, Barcellona sono esperienze che hanno dimostrato negli anni recenti di crisi che il tessuto associativo e le istituzioni insieme possono offrire una soluzione concreta e alternative in ambito di lavoro, gestione di spazi urbani e welfare di comunità. Esperienze diverse che però si legano assieme in questo concetto di bene comune. Barcellona, a seguito delle recenti elezioni che hanno portato Ada Colau a diventare Sindaco della città, sta cambiando pelle, con una nuova sensibilità al tessuto sociale, di welfare comunitario ed al recupero edilizio dell’esistente, dopo anni di investimenti immobiliari spesso spregiudicati: durante questa due giorni ho avuto modo di dialogare con l’assessore all’Economia della città catalana, Miquel Ortega, e si sta concretizzando la possibilità di costruire con questa città una rete mediterranea dei beni comuni, che magari possa includere anche Atene con cui già facciamo molte cose assieme, ad esempio sul tema dell’agenda digitale.