“Welfare Connettivo” è il titolo del terzo incontro di Vicoo – Visioni Cooperative, il laboratorio di idee creato di Legacoop Bologna per lo sviluppo sostenibile di imprese, comunità e territorio.
Si è trattato terzo di quattro webinar a tema “Co-progettare soluzioni per ri-generare le comunità“, un ciclo di incontri pensato per creare connessioni e condividere progetti e buone pratiche capaci di fornire risposte ai bisogni del territorio metropolitano di Bologna.
A dare il senso dell’incontro, che ha fatto dialogare rappresentanti delle istituzioni e delle cooperative, è stato Simone Fabbri di Legacoop Bologna. “La pandemia – ha detto Fabbri – ha amplificato le vecchie fragilità e generato nuove marginalità sociali e economiche. Una rottura che ci ha spinto e ci spinge a tracciare nuove soluzioni innovative, a partire dall’idea del fare assieme e del cooperare, mettendo la comunità al centro di tutto”. Da qui l’importanza di dialogare con le istituzioni per trovare nuove vie di collaborazione, capaci di lasciarsi alle spalle le vecchie pratiche competitive a favore di nuove pratiche collaborative: co-progettazioni, partnership tra pubblico e privato per co-produrre welfare, patti educativi di comunità e finanza di progetto.
Ospiti dell’incontro Luca Rizzo Nervo, assessore al welfare e Daniele Ara, assessore a scuola e adolescenti del Comune di Bologna.
Elisabetta Benfenati del consorzio Scu.Ter (acronimo che sta per “scuola e territorio”) ha presentato alle istituzioni l’esperienza di un consorzio che ha integrato le competenze di 11 cooperative della città metropolitana. Scuter, definito un contenitore di analisi del bisogno e di progettazione, è stata la culla di due progetti: “Spazio di opportunità” e “Centro senza fili”. Entrambi, ha spiegato Benfenati, sono “sperimentazioni che hanno un supporto e dialogo con istituzioni”
Spazio di opportunità è un presidio educativo rivolto a famiglie e adolescenti del quartiere Borgo Panigale-Reno di Bologna. Un progetto per promuovere la crescita culturale e sociale di preadolescenti e adolescenti, cofinanziato attraverso risorse pubbliche e private. Spazio di opportunità mette a disposizione un’offerta su tutti i pomeriggio dalle 14.30 alle 18.30, ed è una sperimentazione nata all’interno di un tavolo di rete in co-progettazione. Sono state coinvolte scuole, enti locali, servizi educativi e scolastici. Il tavolo è un luogo dove fare monitoraggio, valutazione e rimodulazione continua della programmazione, “per rimanere costantemente connessi ai bisogni dei ragazzi che partecipano”. Il Centro senza fili è invece un centro polivalente progettato per accogliere bimbi, ragazzi e sostenere famiglie facendosene carico in maniera globale. Il Centro senza fili si configura come uno strumento per attivare un percorso personalizzato di presa in carico del gruppo familiare con l’ambizione di integrare l’intervento, già di per sé ampio e diversificato, con l’offerta più vasta messa a disposizione da welfare pubblico.
Gabriele Marchioni della cooperativa La Baracca, coop che gestisce il Teatro Testoni Ragazzi di Bologna, ha raccontato del nuovo progetto “Accendere la voce”, pensato per il 2022 e rivolto ai ragazzi dai 14 ai 25 anni. Un progetto che “vuole trasformare i ragazzi in lettori capaci di andare a trasmettere la passione per la lettura in vari contesti: scuole dell’infanzia, scuole primarie e medie, centri come ospedali (coinvolti il policlinico Sant’Orsola e il Bellaria), biblioteche e centri di accoglienza per famiglie.” Il progetto si strutturerà in due fasi: un primo momento di approfondimento sull’uso della voce e delle varie modalità espressive per migliorare la lettura ad alta voce, un secondo momento per mettere in pratica le conoscenze e trasmettere la passione per la lettura a piccoli pubblici, come dimensione e come età. I ragazzi si troveranno quindi a leggere brani a compagni più giovani e a bimbi, e nello stesso tempo diventeranno protagonisti. Nel progetto tante le collaborazioni: dall’Università di Bologna alla Biblioteca Sala Borsa passando per la libreria Giannino Stoppani. “I ragazzi – ha spiegato Marchioni – per noi devono essere delle risorse, possono e devono diventare reali protagonisti, e questo non è secondario in un periodo in cui sono stati loro più di altri a soffrire le conseguenze del Covid. In più trasmettere il piacere della lettura servirà anche ad aiutare i più piccoli. Ormai ci sono insegnanti che ci segnalano come i bimbi e i ragazzi non abbiamo più il piacere della lettura, le parole scritte ormai sembrano sfuggire. Eppure sono strumenti potenti”
Giovanni Dognini di Open Group ha delineato le caratteristiche più importanti del progetto “Easy to Live”. Si tratta di un progetto teso al percorso di autonomia abitativa per soggetti con disabilità e si inserisce nelle nuove forme di abitare. Il progetto è innovativo perché è modulare, scalabile e riproducibile in altri territori; e perché si basa sui principi di co-progettazione e della coproduzione fra il settore pubblico, l’associazionismo e le cooperative. Nella sua prima sperimentazione, a Crespellano, il pubblico ha conferito un bene immobile e su quel servizio ha spostato fondi per il welfare già impiegati altrove; l’associazionismo ha reperito i fondi sul modello del “Dopo di Noi” e con la messa in campo di attività di crowdfunding; le cooperative hanno implementato la realizzazione del progetto e la successiva gestione. Easy to Live è stato pensato per evolversi in modelli di next housing capaci di integrare neo nuclei familiari, anziani autosufficienti, eventualmente disabili. Il tutto per costruire nuove forme comunitarie. La best practice presentata da Dognini è stata la “Casa tra le nuvole” di Crespellano di Valsamoggia. Un progetto di sviluppo di autonomia abitativa e di vita indipendente di persone disabili voluto dall’Associazione Volhand, attiva sul territorio dal 1983. La casa è pensata come una specie di “palestra” che sta tra la vita in famiglia e la vita indipendente, un processo di transizione graduale in cui avere a portata di mano tutto ciò di cui i ragazzi possono avere bisogno, a partire da educatori presenti nelle ore in cui la casa viene vissuta. Al piano terra trova spazio un appartamento per 6 persone. Ai piani superiori ci sono invece una sala polivalente per le attività e mini appartamenti, uno dei quali adibito a vera e propria “scuola delle autonomie” e per questo dotato di angolo cottura in cui gli ospiti impareranno gradualmente a vivere da soli. La sperimentazione si è anche estesa alla redazione di un manuale su come si possono portare a termine i compiti comuni della vita di tutti i giorni: da come si fa un caffè a come si cucina la pasta. Il tutto diventerà anche un’app a portata di smartphone, un modo per coniugare un importante lavoro verso l’autonomia delle persone ad un investimento tecnologico.
Carla Ferrero del Consorzio Aldebaran ha spiegato come il suo consorzio è stato protagonista nel codesign e nella ridefinizione del servizio di assistenza domiciliare del Comune di Bologna. Il consorzio Aldebaran è il gestore unico dell’assistenza domiciliare accreditata a Bologna, e ha lavorato per un anno e mezzo su tavoli differenti (tecnici e politici) per dare vita ad una “svolta nell’assistenza domiciliare”, “una sfida impegnativa secondo il principio della co-progettazione”. La grande innovazione di questo approccio, ha spiegato Ferrero, risiede nel non essere più ancorato alla logica prestazionale, ma essere in grado di di muovere team multidisciplinari in un dialogo costante con gli utenti e i co-utenti (il personale che si occupa del badantato, i familiari, i vicini di casa). Un modello, questo, capace di analisi complessive per dare forma a risposte complesse e costantemente modificabili. Il vantaggio per l’utente del servizio è l’avere un punto di riferimento unico con cui interfacciarsi, una figura di comunità che segue il caso orizzontalmente. Il modello creato dal consorzio Aldebaran era già pronto da tempo ma, bloccato dal Covid, ha dovuto subire uno stop. Ora ripartirà a breve. Il primo step sarà una formazione unica per tutti gli attori coinvolti, poi saranno creati micro team territoriali capaci di gradi di autonomia. Il senso di un progetto del genere è quello di permettere al team, sentito l’utente, di adattare il servizio a nuovi bisogni o a bisogni momentanei. Così facendo saranno valorizzati anche gli educatori e tutte le figure professionali impegnate nelle attività.
Marco Lambertini del consorzio Indaco ha invece raccontato il senso dei progetti Paco. Dal 1 marzo 2020 il Consorzio Indaco infatti co-progetta e co-gestisce progetti di attività di comunità (PACo.) per il Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze Patologiche dell’Azienda Usl di Bologna. Nei progetti Paco oltre agli utenti sono fortemente coinvolti volontari, cittadini, familiari, in generale tutti i soggetti che fanno comunità. Obiettivi alla base dei progetti Paco sono la co-progettazione, il contesto gruppale, le attività nel territorio, gli spazi di vita. Il senso è quello di “creare un percorso più normalizzante”, valorizzando il territorio e le sue risorse in un’ottica di welfare di comunità. Attraverso queste strategie l’utente comincia a sentirsi parte integrante del tessuto sociale. I progetti Paco infatti si rivolgono non solo a utenti del dipartimento di salute mentale, ma a tutti i cittadini. Tra le tante attività ci sono quelle della redazione e del sito web Sogni e Bisogni, un sito legato alla salute mentale con fini formativi e divulgativi; le attività di digitalizzazione informatica, i corsi di grafica, Excel, i gruppi di trekking e di cammino, i soggiorni vacanza, i percorsi sportivi, culturali e artistici. I protagonisti di tutto questo sono i cittadini, le associazioni, i volontari. “Più riusciamo ad allontanarci dell’ambito della salute mentale più avremo successo”, ha spiegato Lambertini.
L’assessore del Comune di Bologna Daniele Ara ha delineato la visione del governo cittadino per quanto riguarda l’educazione. Come creare una comunità educante? Per Ara la cooperazione è e sarà una “grande opportunità per creare nuove progettualità, visto anche c’è un grande margine di ragionamento in ambito educativo”. Uno degli obiettivi del Comune sarà quello di eliminare le liste d’attesa nei nidi, perché “i nidi sono un momento importante di inclusione delle famiglie e di acquisizione delle competenze”. Ci sarà anche in futuro una “forte mano pubblica”, ma questo “non esaurirà l’esigenza di creare un sistema integrato 0-3 anni. Le ipotesi sono tante: da nuovi nidi in concessione al tema più ampio del supporto da dare alla genitorialità delle famiglie. “Servirà ragionare su servizi diversi rispetto agli attuali”, ha spiegato l’assessore prospettando progetti educativi di qualità distribuiti sul territorio utilizzando presidi culturali come le case di quartiere e altri spazi.
Poi c’è il tema dell’adolescenza, da vedere come una priorità e come fascia di età su cui investire. “Se faremo bene con loro, allora contribuiremo a costruire la Bologna dei prossimi 20 o 30 anni”, ha spiegato Ara. Ragionamenti saranno fatti anche sulle biblioteche, che devono “cogliere una grande opportunità di cambiamento, altrimenti tra 10 anni non avranno più senso di esistere”. Come dovranno trasformarsi? “Dovranno diventare hub di comunità, intrecciandosi con le scuole e i quartieri”. Più in generale Ara ha tracciato un quadro in cui il welfare diventerà più flessibile e si adatterà ai bisogni del territorio. “Se ad esempio nei centri sportivi ci sarà un problema di inclusione dei ragazzi, allora si farà un progetto nei centri sportivi, e la stessa cosa nelle biblioteche o nei centri anziani. Servirà personale di supporto, e un radicamento di tutti questi progetti con le risorse messe in campo dalla comunità”. In tutto questo, ha concluso Ara, “la cooperazione può avere un grande ruolo, perché quando si parla di sistema pubblico non si intende gestione comunale o statale dalla a alla z, ma avere chiaro cosa serve e dove si vuole arrivare”.
E’ toccato invece all’assessore Luca Rizzo Nervo raccontare le linee essenziali dell’intervento sul welfare che il Comune di Bologna metterà in campo nei prossimi 5 anni. L’obiettivo è quello di avere un vero welfare connettivo, “capace di adattarsi a quel che serve alle persone, in un’ottica non di mero assistenzialismo ma di capacitazione delle persone”.
Servirà, ha detto Rizzo Nervo, semplificare l’accesso ai servizi, e nello stesso tempo creare un ecosistema sociale le cui componenti riescano a parlarsi tra di loro e si ricompongano lasciandosi alle spalle vecchi modelli frammentari e a scompartimenti. “Bisogna connettere gli attori del sistema, e questo lo si può fare con la co-progettazione e la co-programmazione, attivando una capacità di rileggere costantemente i bisogni e, nello stesso tempo, di creare risposte sempre più efficaci”. Per l’assessore a Bologna dovrà nascere un vero e proprio “diritto alla fragilità”, cioè la possibilità di essere accolti da una città ed un sistema del welfare inclusivo, capace di creare risposte articolate e efficaci. Un’esigenza del genere “ci porta largamente al di là del binomio decisore pubblico-gestore di servizi, ci porta nella co-progettazione, che dopo tutto è una dimensione evolutiva della sussidiarietà”. Bologna, ha ragionato Rizzo Nervo, dovrà avere l’ambizione di uscire dal solco dei costi standard e dei servizi offerti a partire da indicazioni nazionali, ma dovrà fare di più perché sa fare meglio, e lo ha dimostrato.
In questo senso Rizzo Nervo ha lodato l’esperienza del consorzio Aldebaran (“servirà un sistema di questo tipo, dove c’è un player al centro di un sistema articolato capace di creare un progetto sulla persona”), e ha sottolineato l’esigenza per il futuro di avere nuove strutture qualificate e accreditate. “Bologna – ha concluso Rizzo Nervo – ha le risorse per fare il salto di scala sul tema della co-progettazione sociale, per uscire da una dimensione ancora sperimentale ed entrare nella normalità. L’obiettivo dovrà essere quello di creare un ecosistema del welfare dinamico e flessibile, capace di realizzare un accesso semplificato e di consentire una presa in carico diffusa e efficace”. Per tutti questi motivi serviranno “contesti, visioni, strumenti e progetti comuni per rispondere ai bisogni delle persone”.