Lavoro buono. Questo il titolo del secondo incontro di Vicoo – Visioni Cooperative, il laboratorio di idee creato da Legacoop Bologna per lo sviluppo sostenibile di imprese, comunità e territorio. Lavoro buono è uno dei quattro webinar a tema “Co-progettare soluzioni per ri-generare le comunità“, un ciclo di incontri pensato per creare connessioni e condividere progetti e buone pratiche capaci di fornire risposte ai bisogni del territorio metropolitano di bologna.
Favorire l’inserimento delle persone svantaggiate nel mondo del lavoro, costruire appalti capaci di premiare il lavoro di qualità, promuovere le esperienze di workers buyout, non lasciare sole le aziende che investono sul lavoro buono, dignitoso e regolare nel mondo della logistica, mettere a sistema la formazione capace di rilanciare singoli e imprese. Queste le proposte avanzate dai rappresentanti del mondo cooperativo nei confronti delle istituzioni.
Ospiti del webinar Valerio Montalto, direttore generale del Comune e della Città Metropolitana di Bologna, Sergio Lo Giudice, capo di gabinetto della Città Metropolitana di Bologna con delega al lavoro, e Giovanna Trombetti, dirigente della Città Metropolitana di Bologna nell’area Sviluppo economico. L’incontro è stato moderato da Tiziano Tassoni, responsabile area lavoro e relazioni industriali di Legacoop Bologna.
Primo panelist del mondo cooperativo Daniele Bergamini del Consorzio l’Arcolaio e del Consorzio Ecobi. Bergamini ha esposto la necessità di favorire l’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate o in condizioni di disagio. “Bisogna valorizzare il legame valoriale che c’è tra pubblica amministrazione e cooperazione – ha spiegato Bergamini – C’è una connessione profonda tra queste due realtà, e lo si può comprendere anche leggendo gli statuti di enti locali e cooperative. Gli obiettivi sono simili: il perseguimento dell’interesse generale della comunità, dell’integrazione sociale, della giustizia”. Gli strumenti per seguire questa strada, ha chiuso Bergamini, esistono già, devono essere pubblicizzate, promossi e praticati
Per Andrea Signoretti, presidente della coop Gazzotti 18, è invece necessario “promuovere e diffondere il più possibile lo strumento dei workers buyout”. Gazzotti 18, ha raccontato Signoretti, è una cooperativa nata nel 2018 proprio grazie ad un workers buyout. Tante le difficoltà, ma tante anche le opportunità incontrate dalla nuova impresa. Ci sono stati problemi burocratico-legislativi, come il doversi fare carico in maniera onerosa di tutti i lavoratori che hanno scelto di non entrare nella cooperativa, e ci sono stati problemi economici legati alla pandemia e all’aumento vertiginoso dei prezzi delle materie prime e dei trasporti. “Difficile competere in Corea del Sud, dove noi vendiamo da tempo, quando i nostri concorrenti cinesi non sono soggetti a questi rialzi”. Ma gli aspetti positivi, ha detto Signoretti, continuano a prevalere: “Tutti noi siamo cresciuti professionalmente, ci siamo adattati a nuovi ruoli, abbiamo imparato a vedere le cose non solo come lavoratori ma anche come imprenditori. L’entusiasmo è sempre più forte delle gastriti”. Le proposte di Signoretti sono due. Verso la pubblica amministrazione, con cui “sarebbe interessante creare corsie informative stabili in maniera tale da permettere ai workers buyout di beneficiare delle opportunità presenti sul territorio”. E verso il legislatore, “per fare in modo che i fondi in arrivo dal Pnrr non vengano erogati solo a chi i soldi già ce li ha, ma a coloro che ne hanno bisogno. Altrimenti rischiamo di trovarci tutti a piedi”.
Nunzia Imperato di Demetra Formazione ha raccontato gli ultimi progetti della società di servizi integrati per la formazione e il lavoro emanazione di Legacoop Emilia-Romagna. Demetra sta ad esempio formando i lavoratori dell’ex Lem di Gaggio Montano, oggi Reno Fonderie, cooperativa nata recentemente da un progetto di workers buyout. I soci e le socie di Reno Fonderie hanno richiesto “un progetto formativo per accrescere le loro competenze nel fare impresa, competenze di tipo tecnico-professionale ma anche gestionali e legate alla sostenibilità”. Altro esempio l’intervento di Demetra con la fondazione Catis, che si occupa di servizio di mobilità sanitaria. “Abbiamo creato un corso di 15 giorni per permettere al personale di avere tutti gli attestati per fare il lavoro di autista-soccorritore, una figura per cui al momento mancano le scuole di formazione – ha spiegato Imperato – Siccome le persone che si avvicinano a lavori di questo tipo non hanno disponibilità finanziarie proprie, serve dai territori attenzione sulla formazione ad hoc messa in campo”. Non è solo il caso di Catis, ha concluso Imperato, “c’è tutta un’area relativa alle figure di supporto socio sanitario che deve essere bene inquadrata, perché da queste persone dipende parte del welfare territoriale”.
Claudio Leoni di Unilog ha raccontato l’esperienza del suo gruppo specializzato nel movimentare e trasportare con cura ed efficienza le merci alimentari. Unilog, come tutte le aziende della logistica, ha attraversato anni difficili perché sul mercato la competizione era al massimo ribasso, e molte erano le realtà irregolari nate per abbassare i costi. Unilog ha reagito scegliendo il “lavoro buono e la regolarità dei contratti”, ha tagliato la filiera degli appalti e creato società di riferimento per la Uniservice Srl, controllata al 100%. “Le aziende che puntano sul lavoro buono hanno bisogno di aiuto – ha detto Leoni – La movimentazione delle merci deve essere considerato non è un costo ma un valore, i sindacati devono combattere giuste battaglie e non fare battaglie a prescindere, le istituzioni devono vigilare”.
Franca Guglielmetti di Cadiai ha spiegato che una delle esigenze più importanti per un’impresa come Cadiai, è quella di avere assicurata la continuità della gestione dei servizi, che vuol dire assicurare anche la continuità di lavoro per i soci e le socie e tutte le persone che operano nella cooperativa. Anche per questo, ha detto Guglielmetti, gli appalti pubblici hanno un ruolo importante per orientare lo sviluppo del territorio, e non devono più presentare – come successo in passato – “formulazioni per comprimere i costi, costi che tra l’altro nel nostro caso sono tra l’80% e il 95% legati al lavoro. La città metropolitana in tutto questo ha un ruolo importante”.
Guglielmetti ha elencato le forme di rapporto con l’ente pubblico che Cadiai ha affrontato con successo per garantire un’iniziativa imprenditoriale capace di garantire continuità e autonomia della gestione, e nello stesso tempo rispondere ai bisogni del territorio. “In passato abbiamo gestito una società mista pubblico-privato chiamata GeRSA (è stata la prima società mista pubblico privata a maggioranza pubblica a costituirsi in Emilia Romagna nel campo della gestione di servizi socio sanitari, ndr), e abbiamo dato vita al consorzio Karabak, basato su procedure di concessione per costruzione e gestione”. Guglielmetti ha indicato altri strumenti che potrebbero segnare il futuro del rapporto tra cooperative e pubblica amministrazione: la co-programmazione e la co-progettazione. Il tutto per “favorire la qualità e la durata dei servizi”, “perché è la durata ad essere un elemento fondamentale per far sì che ci sia lavoro di qualità e che il servizio riesca ad evolversi quando i bisogni lo richiedono”.
Sergio Lo Giudice, capo di gabinetto della Città Metropolitana di Bologna con delega al lavoro, ha esposto invece il punto di vista dell’amministrazione. Lo Giudice ha parlato di un mandato “all’insegna del lavoro di qualità”, e ha detto che le tematiche esposte dalle cooperative sono nell’agenda dell’amministrazione del sindaco Lepore. Il capo di gabinetto ha dichiarato che servirà una collaborazione attiva tra cooperative e amministrazione perché “Bologna possa essere all’altezza della sua storica tradizione di lavoro buono e di qualità, e che sappia tutelare fino in fondo la dignità di ogni cittadino e cittadina”.
Valerio Montalto, direttore generale del Comune e della Città Metropolitana di Bologna, ha sottolineato l’innovazione del suo ruolo, che potrà uniformare le pratiche nei due enti istituzionali. “Il lavoro buono passa da formazione, diritti, imprese pulite, organizzazioni capaci. Tutto questo dipende molto dalla stazione appaltante. Bologna ha un protocollo sugli appalti per andare oltre le norme attualmente vigenti, un protocollo che privilegia le imprese maggiormente qualificate. Servirà un lavoro coraggioso e costante per fare diventare Bologna la capitale del lavoro buono e pulito. Lavoreremo – ha concluso – perché ci sia occupazione e lavoro, ma non un’occupazione e un lavoro qualsiasi”.
Giovanna Trombetti, dirigente della Città Metropolitana di Bologna, ha elencato gli strumenti pattizi già esistenti, a cominciare dal Piano Metropolitano per il lavoro di Bologna. “La città Metropolitana – ha spiegato Trombetti – non deve essere solo un ente appaltante ma deve avere un ruolo di guida e supporto nella trasmissione di buone pratiche, dal workers buyout alla coprogettazione. Tutto questo servirà per aiutare i Comuni a fare bene”. Sul tema della logistica Trombetti ha annunciato la sottoscrizione a gennaio di un “accordo per la logistica etica”, un testo che aprirà la strada non più a strumenti esclusivamente pattizi, ma anche a forme autorizzative capaci di richiedere una “compatibilità sociale” alle imprese che vogliono insediarsi nel bolognese. “Per farlo serviranno accordi con le parti sociali”, ha detto Trombetti.
A chiudere l’incontro la presidente di Legacoop Bologna Rita Ghedini, che ha posto l’attenzione sulla “forte innovazione” rappresentata da un’amministrazione comunale bolognese che si è data l’obiettivo di uniformare le pratiche su tutto il territorio metropolitano. “Sul tema della qualità del lavoro ci sono aspettative molto forti e gli strumenti sono tanti e ricchi. Ora ci sarà il test delle pratiche, perché dare attuazione agli accordi non è sempre una cosa semplice e scontata. Servono processi fortemente collaborativi e costruire una cultura comune”.