Dodici storie cooperative, uno spaccato di quello che la cooperazione fa per Bologna e di quello che potrebbe fare in futuro. L’ultimo panel della giornata Bologna Si-Cura, organizzata dall’Alleanza delle cooperative bolognesi per raccontare le proprie proposte alla città e a chi si candidata ad amministrarla, è stato dedicato ai “progetti di rilancio della città da parte delle imprese”.
Imprese cooperative, con un dna fatto di sostenibilità e capacità di leggere i bisogni del territorio e dare risposte innovative e solidali in sinergia con l’amministrazione, hanno ricordato Simone Fabbri di Legacoop Bologna, Matteo Manzoni di Confcooperative e Manuele Monaci di Agci.
Federico Bari di Camst ha raccontato l’approccio dell’impresa all’innovazione e alla sostenibilità. “Da soli potremmo fare cose belle ma otterremo solo risultati parziali”, ha spiegato Bari mettendo l’accento sulla necessità di sviluppare progetti con la comunità, la città, i proprio stakeholder. Assieme ad Hera Camst ha creato due progetti di economia circolare per recuperare gli oli esausti delle sue cucine e trasformarli in biodiesel, mentre le eccedenze alimentari dei centri pasto diventeranno bio metano. Camst ha anche lanciato una innovation call al mondo delle startup per co-innovare attraverso idee legate alla sostenibilità del cibo e ai servizi alle persone.
Riccardo Carboni di Cotabo ha acceso i riflettori sulla necessità di innovare e sviluppare piattaforme cooperative. Nel campo dei trasporti ma non solo. “Abbiamo sottoscritto un accordo di sviluppo di tecnologia e campagne di marketing con i nostri colleghi di New York che hanno scelto la forma cooperativa”, ha spiegato Carboni. L’obiettivo resta quello di creare alternative cooperative che si contrappongano con efficacia alle grandi piattaforme classiche della Silicon Valley, “che estraggono valore dalla attività delle persone che lavorano, portano quella ricchezza altrove e di fatto fanno solo intermediazione di manodopera”.
Giulia Casarini di Cadiai ha invece raccontato come i servizi educativi e di cura possano aprirsi al territorio e diventare motore di nuovo welfare. “Famiglie, utenti, cittadini, tutti dovrebbero potervi entrare”, ha spiegato Casarini immaginando la creazione di reti di una “comunità educante”. Esempi concreti ci sono, al di là dell’ormai consolidata realtà dei consorzi Karabak, che ha dato a Bologna nidi ecosostenibili e all’avanguardia. E’ nato da poco lo Spazio di Opportunità, un presidio educativo per adolescenti con laboratori scientifici e artistici; poi c’è lo Spazio Donna, che ha un focus sulle vittime di violenza e vuole rivalorizzare competenze; e c’è il Centro Senza Fili, che offre servizi alle famiglie che hanno bimbi e adolescenti, ma anche a genitori con bisogni specifici, il tutto attraverso risposte rapide e sostenibili economicamente. “Quando si parla di città dei 15 minuti bisogna anche pensare in termini di relazioni”, ha concluso Casarini.
Pietro Ravagli della coop Seneca si è occupato di delineare il progetto Loading freegile, un percorso formativo finanziato e riconosciuto da Regione Emilia-Romagna e Fondo sociale europeo per ragionare sull’innovazione sociale e creare nuovi modelli di trasformazione sociale anche nelle imprese. “Volutamente abbiamo pensato ad una formazione capace di portare in aula e fare confrontare mondi fino ad oggi molti distanti, il mondo del profit assieme al mondo del no profit, il sapere scientifico assieme a quello umanistico, la produzione di lavoro assieme a quella dei servizi alla persona”, ha spiegato Ravagli. Obiettivo è stata la formazione di manager e coordinatori alla “leadership digitale, al mindset adattivo, al problem solving e al pensiero sistemico”.
Marco Guidotti di Polo Progetti ha invece spiegato come funziona la sua cooperativa, che riunisce professionisti come ingegneri e architetti, ma anche geologi ed esperti di macchina industriali. “Persone abituate a lavorare da sole, che si sono messe in rete e ora sono in grado di offrire servizi e progetti integrati ai clienti”. Polo Progetti ha sviluppato competenze tecnologiche innovative, e lo ha fatto attraverso un lavoro collettivo. “Abbiamo sviluppato un linguaggio comune, ci siamo coordinati e abbiamo creato nuovi punti di contatto con i clienti: ora non siamo solo progettisti ma consulenti. Non progettiamo e ce ne andiamo, come succedeva una volta, ma continuiamo a seguire la vita di un’opera, la sua gestione, il facility management, e anche l’eventuale dismissione”.
Gabriele Marchioni della coop La Baracca Cultura ha invece raccontato l’importante racconto culturale fatto della cooperativa basata al Teatro Testoni Ragazzi. “Abbiamo portato i nostri spettacoli nei cortili e fuori dai nidi d’infanzia, non siamo mai stati fermi di fronte al Covid”, ha spiegato Marchioni che ha sottolineato l’importanza della cultura e del teatro “per integrare e reintegrare i più giovani, colpiti più di altri dall’ondata pandemica”.
Stefano Ramazza di Arvaia ha posto l’accento sulle potenzialità solidaristiche della cooperazione, capace di creare comunità solidali efficaci nella vita di tutto i giorni. I soci di Arvaia per acquistare i loro prodotti agricoli hanno infatti la possibilità di offrire in base alle loro possibilità economiche. “Succede che il 45% dei soci faccia un’offerta più alta, il 20% più bassa, mentre il restante si attesti sul prezzo medio”, ha spiegato Ramazza. Che vuol dire?. “Vuol dire che la solidarietà cooperativa funziona se si assume una regola di equità che sia effettiva, praticata, con risultati immediati per gli sfavoriti. Così dimostriamo anche che mangiare biologico non è per i ricchi”.
Samanta Musarò ha raccontato il progetto Kilowatt di rigenerazione urbana collaborativa. Kilowatt “è un modello, un luogo, un approccio, prima che un’organizzazione”. Il progetto Kilowatt è un incubatore di idee ad alto impatto sociale, una cooperativa di lavoro che si occupa di innovazione sociale, economia circolare, comunicazione e rigenerazione, un “modello di partnership pubblico-privato sostenibile e innovativo, perché allinea gli obiettivi della PA e quelli privati attorno ad un progetto con un modello di business sostenibile. Questo progetto prende vita all’interno degli spazi rigenerati de Le Serre dei Giardini Margherita, luogo di cultura e sperimentazione di modelli”.
Alice Podeschi di Coop Alleanza 3.0 ha tratteggiato il progetto “Più vicini”. “Per cambiare il mondo partiamo da noi – ha spiegato Coop Alleanza 3.0 – sosteniamo concretamente i territori e le comunità con la nuova iniziativa solidale Più vicini, dal 27 settembre al 31 ottobre nei punti vendita della Cooperativa dal Friuli Venezia Giulia alla Puglia potrai scegliere di sostenere uno dei tre progetti locali proposti dai Consigli di Zona soci di Coop Alleanza 3.0. Circa 500 progetti promossi in collaborazione con 490 realtà locali: un noi che rispecchia il significato più profondo della parola cooperare, operare con altri per un obiettivo comune”.
Giuseppe Salomoni di Cea, la Cooperativa edile Appennino, ha raccontato i progetti in fatto di economia circolare. A cominciare dall’asfalto riciclato brevettato. Una “miscela tiepida” che può essere usata anche nei mesi autunnali e invernali, quando è impossibile posare l’asfalto tradizionale. “Abbiamo brevettato una miscela rigenerata ottenuta dagli scarti dei nostri cantieri”, ha spiegato Salomoni. “Potenzialmente ogni cantiere d’Italia potrebbe utilizzare il nostro asfalto riciclato fin da subito, con il minimo sforzo e con un enorme risparmio in termini di impatto ambientale”. Anche in un settore “che può apparire statico come quello edile”, ha concluso Salomoni, “ci possono essere tante opportunità di miglioramento, soprattutto in termini ambientali”.
Per Silvia Salucci della coop Dai Crocicchi “Bologna si cura anche con percorsi abitativi e di sostegno inclusivi per il dialogo tra le generazioni, percorsi che si collegano al territorio, che sono integrati e replicabili”. Un esempio è il progetto La Piazzetta, che ha creato una convivenza tra anziane e famiglie con donne e bimbi che hanno temporaneamente bisogno di supporto. Per le famiglie fragili c’è la possibilità di risollevarsi, per le donne anziane la possibilità di vivere in un contesto aperto e dinamico, di mantenere una vita autonoma e di rallentare la fisiologica perdita di relazioni e autonomia.
Vittoria Sanpietro di Emil Banca ha presentato il progetto Mug, Magazzini generativi. Un luogo fisico inutilizzato riconsegnato alla collettività, “un sogno di cambiamento”. Mug è uno spazio di 1750 mq con sei uffici, due salette per workshop, spazi di co-working e un auditorium. “A Mug lavorano professionisti in un ambiente che garantisce la biodiversità – ha spiegato Sanpietro – In più Emilbanca cerca di fare ponte tra le startup presenti a Mug e le realtà radicate sui territori. Nei nostri progetti Mug potrebbe diventare uno startup studio cooperativo, una fabbrica di startup”.