Come ridurre lo spreco di latte? Come riutilizzare il cibo invenduto nei ristoranti? Come produrre micro-alghe in maniera sostenibile? A queste sfide trovano soluzioni i tre progetti vincitori dell’edizione 2019 di Think4Food, la call for ideas realizzata da Legacoop Bologna per stimolare l’innovazione sostenibile nel settore agroalimentare.
“Oggi ci sono nuove sfide globali da affrontare – afferma Cristina Petracchi della Fao –. La sicurezza alimentare è minacciata dalla crescita della popolazione, dai cambiamenti climatici e dalla crescente competizione per le risorse naturali. Non possiamo più aspettare”.
Secondo il nuovo rapporto “Reducing food loss and waste: setting a global action agenda”, redatto dal World resources institute, una delle risposte può essere la riduzione dello spreco alimentare. Ogni anno, 1,3 miliardi di tonnellate di cibo vengono perse o sprecate, in un mondo in cui una persona su nove è denutrita. Lo spreco alimentare è responsabile dell’8% delle emissioni di gas serra, nonché del consumo di un quarto dell’acqua utilizzata dall’agricoltura a livello mondiale ogni anno.
“Dobbiamo agire velocemente per raggiungere gli obiettivi fissati dall’Agenda ONU 2030 – spiega Chhavi Jatwani del Future Food Institute –. Il cibo ha il potere di rinnovare interi sistemi e comunità, perchè l’agricoltura è un settore trasversale a tutti gli altri. L’innovazione deve sempre avere al centro l’essere umano”.
Che cos’è Think4food?
Think4food è una call for ideas indirizzata agli under 40, per promuovere idee innovative e sostenibili nel settore agroalimentare, contribuendo così al raggiungimento degli obiettivi fissati dall’Agenda ONU 2030.
Tre le categorie premiate:
- start up - 5.000 euro
- ricercatori – 3.500 euro
- studenti – 1.500 euro
Grazie a questo contest, le imprese cooperative del comparto agroalimentare vengono messe in rete con giovani che stanno lavorando a nuovi progetti, per supportare le loro idee e aiutarli a realizzarle.
“L’obiettivo principale di Think4Food è quello di portare innovazione e sostenibilità in uno dei comparti più importanti dell’economia bolognese e di grande rilevanza per la cooperazione – ha dichiarato Rita Ghedini, presidente di Legacoop Bologna –. Economia circolare e sostenibilità sono parole chiave della cooperazione, garanzia di una visione di lungo periodo in grado di generare benefici per i soci, il territorio e la comunità. Stiamo creando un ecosistema dell’innovazione cooperativa, utile alle nostre associate che hanno bisogno di innovare e ai giovani che possono attingere a un enorme patrimonio di esperienze di imprenditoria cooperativa”.
Think4Food è promosso da Legacoop Bologna, con il patrocinio dell’Università di Bologna e il contributo della Camera di Commercio di Bologna e il supporto di Coop Italia e di Coop Reno, e in collaborazione con Legacoop Agroalimentare Nord Italia, Confcooperative Bologna, Legacoop Imola, AlmaCube, ART-ER, Future Food Institute e Fondazione FICO.
“La sfida dello sviluppo sostenibile in campo agroalimentare è sempre più determinante per il futuro delle cooperative – dichiara Simone Gamberini, direttore di Legacoop Bologna –. La cooperazione bolognese è pronta, ma c’è un costante bisogno di contaminazione e scambio con i luoghi dell’innovazione. Think4Food è un progetto che rientra all’interno di una strategia di collaborazione con università e centri di ricerca internazionali, per il coinvolgimento dei giovani talenti nell’innovazione sostenibile del sistema cooperativo”.
I 3 progetti vincitori
All’edizione 2019 di Think4Food sono stati inviati 83 progetti. I tre vincitori sono:
- Algaria-Spireat: una startup che sviluppa processi innovativi per la coltivazione di micro-alghe come l’alga spirulina;
- LacToLab: un progetto che riutilizza il latte scaduto o in scadenza per ottenere reagenti utilizzabili in laboratorio per colture cellulari e biologia molecolare;
- SquisEat: una piattaforma che mette in vendita a metà prezzo, a fine giornata, i prodotti rimasti invenduti di ristoranti, forni e servizi di catering.
Spireat, il novel food che può salvare il pianeta
Nel mondo, 800 milioni di persone stanno morendo di fame e una persona su 3 soffre di malnutrizione. Nel 2050, il fabbisogno globale di cibo sarà cresciuto del 60% e ci sarebbe bisogno di un secondo pianeta per soddisfare il fabbisogno di tutti. “Con gli enormi problemi ambientali a cui stiamo assistendo, la soluzione a cui abbiamo pensato è piccolissima, ma può portare un grande impatto – racconta il biologo Antonio Ida –. Si tratta delle alghe: le alghe sono la fonte più sostenibile di proteina che esista al mondo. Si pensi che per produrre 1 kg di proteina animale servono circa 15mila litri di acqua, mentre per le alghe bastano solo 15 litri d’acqua per ottenere 1 kg di proteina”.
In particolare, l’alga spirulina è uno dei novel food che si sta diffondendo più rapidamente nel mondo: è una delle fonti principali di tutti gli amminoacidi che esistono in natura, oltre che di vitamine, antiossidanti e minerali, e per questo è considerata una delle possibili soluzioni per la fame nel mondo.
La startup Algaria nasce proprio dall’idea di produrre alghe, e in particolare l’alga spirulina, in una logica di economia circolare. “Coltiviamo l’alga prendendo l’energia termica da una centrale di biogas, che fa sì che la spirulina possa crescere tutto l’anno – spiega Antonio Ida –. Inoltre, la coltivazione assorbe CO2 in misura pari al doppio del peso del prodotto, mentre i 15 litri d’acqua che usiamo per produrre 1 kg di alga vengono ridati al terreno per fertilizzare i campi, senza produrre nessun tipo di scarto”.
Il processo è attivo nell’azienda Spirufarm di Cremona, dove viene prodotta la spirulina. La start up Algaria è composta da un team multidisciplinare, che commercializza i suoi prodotti con il marchio Spireat. Nel contest Think for Food, Algaria-Spireat ha ricevuto il premio di 5.000 euro per la categoria startup, sponsorizzato da Coop Italia. “Coop persegue l’innovazione, in particolare se è in ottica di sostenibilità – afferma Renata Pascarelli, direttore qualità di Coop Italia –. Per questo abbiamo deciso di sostenere Algaria-Spireat, per il processo integrato in ottica di economia circolare che ha saputo attuare”.
LacToLab, una seconda vita per il latte scaduto
Ogni anno 116milioni di tonnellate di latte e latticini vengono sprecati nel mondo, una quantità che equivale in peso a 700 navi da crociera. Questa sovrapproduzione comporta l’emissione ingiustificata di gas serra e grandi costi di smaltimento. Ma come dare una nuova vita al latte in via di scadenza? La risposta è LacToLab, progetto nato dall’incontro tra Arianna Palladini, ricercatrice dell’Università di Bologna, e alcuni studenti che avevano partecipato al programma Challenge Based Innovation promosso da AlmaCube, con il supporto di Legacoop Bologna.
“L’idea ci è venuta pensando alla tecnologia delle colture cellulari – spiega Arianna Palladini –. Questa tecnologia riproduce un effetto biologico in un sistema artificiale: le cellule sono coltivate in vitro e vengono usate nei laboratori, per le biotecnologie e per la ricerca. Ma per crescere, queste cellule hanno bisogno di nutrimento. Di solito, come nutrimento si usa il siero bovino fetale, che però è molto costoso e viene prodotto usando feti delle mucche. Ecco che la nostra idea è quella di sostituire il siero bovino fetale con il siero di latte in scadenza”.
In media i ricercatori usano 10 litri di siero bovino fetale l’anno, che ha un costo di circa 800 euro ogni litro. Questo siero è prodotto soprattutto in Canada, Stati Uniti, Messico e Australia, il che comporta alti costi di trasporto e grande dispersione di CO2. Nel 2019, il mercato mondiale del siero ha registrato introiti per circa 1 miliardo di euro. “Il siero di latte in scadenza ha tanti vantaggi – racconta Palladini –. Oltre ai costi contenuti, viene prodotto in una logica di economia circolare e nel rispetto degli animali”. Il progetto LacToLab ha ricevuto il premio Think4Food di 3.500 euro per la categoria ricercatori.
SquisEat, addio allo spreco di cibo nei ristoranti e catering
“Da quando ho 16 anni faccio il cameriere nei catering e puntualmente, dopo i banchetti, viene buttato via un sacco di cibo. Ecco perché coi miei compagni abbiamo deciso di dire basta a questo spreco e ci siamo fatti venire un’idea”. A parlare è Alberto Drusiani, neolaureato in informatica e ideatore, insieme ad altri tre studenti, di SquisEat, piattaforma che mette in vendita a metà prezzo, a fine giornata, i prodotti rimasti invenduti di ristoranti, forni e servizi di catering. I ricavi sono divisi tra la piattaforma e il produttore: “Ci guadagna il ristoratore, che ammortizza la sua perdita, ci guadagna il cliente, che compra cibo di ottima qualità a buon prezzo, e ci guadagna anche l’ambiente”.
SquisEat è nato con un piccolo gruppo Whatsapp, e ora ha raggiunto quota 400 utenti solo su Bologna. “Per ora siamo noi stessi a occuparci delle consegne, con lo scooter – racconta Alberto Drusiani –. Paradossalmente, c’è più domanda che offerta: a fine giornata, il cibo che mettiamo a disposizione finisce subito. Ecco perché stiamo cercando di ampliare le collaborazioni con ristoranti, rosticcerie e pasticcerie della città”. La piattaforma SquisEat ha ricevuto il premio Think4Food di 1.500 euro per la categoria studenti, sponsorizzato da Coop Reno.