Cotabo, Cadiai, Cooperare con Libera Terra sono le tre associate a Legacoop Bologna che hanno partecipato alla terza edizione di Icaro, allargando così al mondo cooperativo la platea delle imprese coinvolte nel progetto di una “palestra di imprenditorialità” per studenti universitari, nata dalla collaborazione tra Fondazione Golinelli e Università di Bologna.
La partecipazione di tre cooperative ha permesso agli studenti non solo di formarsi su “progetti concreti di innovazione aziendale”, ha detto la presidente di Legacoop Rita Ghedini, ma anche di “confrontarsi con imprese di persone, in cui l’innovazione si deve misurare anche in termini di ricadute sociali prodotte”. Inoltre la partnership, realizzata attraverso Alma-Vicoo (Centro Universitario per la formazione e la promozione dell’impresa cooperativa) ha permesso di raddoppiare, da 30 a 60, il numero di studenti che hanno potuto accedere gratuitamente al progetto, conclusosi il 21 giugno 2018 dopo 7 mesi di workshop e visite aziendali, al termine dei quali ogni gruppo ha elaborato un project work, rispondendo alle “sfide” lanciate dalle imprese.
Il caso di Cotabo
“E’ stato un privilegio, una full immersion molto interessante, per me che sono un baby boomer, nel misterioso, articolato e composito mondo dei millennials”. Così Bibi Bellini, giornalista, mobility manager e referente della corporate social responsibility di Open Group, definisce l’esperienza appena conclusa come mentore di due gruppi, formati ciascuno da 5 universitari, che si sono confrontati con le due challenges proposte da Cotabo. In entrambe le squadre si mescolavano studenti con competenze eterogenee, provenienti da facoltà diverse (design, ingegneria, economia, lettere, giurisprudenza, scienze politiche). “L’obiettivo di Icaro, e anche il mio, era che si contaminassero e questo è stato favorito dal metodo del design thinking e dagli incontri settimanali – spiega Bellini -, che hanno permesso di sviluppare anche l’abilità relazionale, la vera ricchezza del lavoro in team, oltre che le soft skills richieste in questo contesto, come lavorare sotto pressione, la capacità di confrontarsi con un pensiero altro, capacità relazionali e di resilienza”.
La challenge del primo gruppo era legata all’app per prenotare i taxi TaxiClick Easy, verso la quale Cotabo vorrebbe far migrare la maggior parte delle richieste di un servizio che da oltre cinquant’anni le persone sono abituate a richiedere per telefono. “Dopo aver esplorato in prima battuta l’azienda, le sue dinamiche, la sua governance, la sua cultura, i ragazzi hanno intervistato i clienti e viaggiato con loro sui taxi”, riferisce il loro mentore, “seguendo non il metodo del problem solving ma quello del problem setting, un approccio più olistico volto a individuare le radici vere dei problemi”. Hanno scoperto che la maggior parte degli utenti non trovava particolarmente vantaggioso scaricare l’app anziché chiamare il servizio per telefono. “Così hanno pensato a un sistema di incentivi e premi interno all’app, che permetta, solo a chi la usa, di accumulare punti in base ai chilometri percorsi. I punti si tradurrebbero, per esempio, in sconti e premi ritagliati sui vari target individuati dai ragazzi, i clienti business, i turisti, gli studenti, e garantiti da altri soggetti in partnership con Cotabo”. L’ipotesi proposta all’azienda è di usare questo sistema premiale per agganciare il cliente, convincendolo a scaricare l’app per poi fidelizzare e premiarlo ulteriormente se convince altri a scaricarla.
Mentre la prima challenge impattava più sull’utenza, la challenge del secondo gruppo riguardava la stessa governance di Cotabo. Agli universitari è stato chiesto di ragionare su come far evolvere in una moderna sharing company una cooperativa nata più di cinquant’anni fa, costituita da soci motivati da una spinta molto individualistica e dove la componente giovanile è minoritaria. “Hanno proposto di creare gruppi di lavoro fra taxisti per affrontare i problemi del lavoro quotidiano come l’uso dell’app, il taxi collettivo… Così hanno scoperto che, rispetto alle necessità di innovare, ci sono tre categorie di taxisti: proattivi, ricettivi, indifferenti o disfattisti”, spiega Bellini. “La soluzione proposta è stata di creare mini team che lavorino in autonomia e poi si raccordino col gruppo manageriale, il quale dovrebbe raccogliere e concretizzare le proposte che arrivano dal basso. Se un percorso di questo tipo prende piede, può cambiare la cultura aziendale e colmare la distanza tra il gruppo dirigente e la base sociale dell’impresa, nonché mettere in moto processi di innovazione sociale e ambientale a cui Cotabo non è estranea”.
Una riflessione personale sul lavoro svolto? “Al di là dei contributi tecnici, la cosa più bella è stata provare a gestire dinamiche di calo di energia e interesse, che capitano lavorando in gruppo, per ripartire più forti e determinati di prima”.