Quattro appuntamenti dalla mattina al tardo pomeriggio per fare il punto sulle strategie per progettare un “Futuro sostenibile”, confrontandosi su sviluppo, imprese e cooperazione, cultura, generazioni e innovazione. Lunedì 6 luglio, all’indomani della Giornata internazionale delle cooperative, è stato fitto il programma di iniziative online organizzate da Legacoop Bologna. Alle ore 9.00, l’inaugurazione del “Giardino delle Imprese”, il progetto di educazione all’imprenditorialità promosso dalla Fondazione Golinelli con il contributo di Almavicoo e Legacoop Bologna. Dedicato agli studenti del terzo e quarto anno delle scuole secondarie di secondo grado, il progetto vuole offrire ai giovani strumenti utili e concreti per costruire il futuro. Giunto alla sua settima edizione bolognese, il “Giardino delle Imprese” coinvolgerà durante l’estate oltre 350 studenti da tutta Italia in workshop e in attività di didattica a distanza, secondo un approccio “human centered” che li porterà a sviluppare soluzioni tecnologiche e digitali per migliorare la quotidianità delle persone con disabilità.
“Questo approccio ha molti punti in comune con il modello di impresa cooperativa, che nasce e si sviluppa per rispondere a bisogni concreti delle comunità – ha detto la presidente di Legacoop Bologna, Rita Ghedini –. Inoltre, il tema scelto quest’anno, ovvero la ricerca di soluzioni per persone con disabilità, è per noi fortemente attuale visto che molte delle cooperative sociali aderenti a Legacoop Bologna operano proprio nell’ambito delle disabilità. Quindi per noi sarà molto stimolante vedere quali soluzioni verranno individuate in questo campo dagli studenti”.
Cooperazione e cultura per lo sviluppo sostenibile
Chiusa la mattinata, i lavori sono continuati alle ore 14 con il webinar “Cooperazione e cultura per lo sviluppo sostenibile”, promosso in collaborazione con Centro italiano di documentazione sulla cooperazione e l’economia sociale, rappresentato dal direttore e vicepresidente di Legacoop Bologna, Roberto Lippi. Insieme a lui, presenti “virtualmente” anche l’assessore alla Cultura del Comune di Bologna, Matteo Lepore, la responsabile Sostenibilità del Gruppo Unipol e direttrice della Fondazione Unipolis, Marisa Parmegiani, il direttore di ITC Teatro, Andrea Paolucci, e Roberta Paltrinieri, responsabile scientifico DAMSLab Università di Bologna.
“La cultura e lo sviluppo sostenibile sono un tema che sta molto a cuore della cooperazione, di Legacoop e del Centro italiano di documentazione sulla cooperazione e l’economia sociale”, ha introdotto Roberto Lippi. Concorde Marisa Parmigiani: “La cultura è uno dei 4 ambiti su cui interveniamo come Fondazione. Abbiamo lavorato in questi anni con il bando Culturability per supportare centri culturali nascenti. Quest’anno abbiamo dato al bando un taglio diverso, decidendo di sostenere quei centri già esistenti, in grado di fare cultura e promuovere benessere sul territorio”. Sull’importanza della cultura per la comunità è intervenuta Roberta Paltrinieri: “Molto spesso quando si parla di sostenibilità si dà attenzione solo all’ambiente, ma per creare società davvero coese bisogna ragionare sul ruolo del sistema culturale e sulle possibilità di accesso alla cultura. Bisogna investire sulla cultura per promuovere il benessere individuale e far crescere i territori”.
Si cambia prospettiva con la testimonianza di un operatore culturale alle prese con le difficoltà vissute in questi mesi dal settore dello spettacolo dal vivo, in cui l’emergenza sanitaria ha chiuso teatri e interrotto tournée: “L’ITC ha 220 posti, ma con le norme attuali possono sedersi 40 persone – ha spiegato Andrea Paolucci –. Dobbiamo reinventarci e con creatività possiamo immaginarci nuove linee di azione: la prima, appena ci saranno condizioni più favorevoli, è rendere i teatri luoghi aperti alla città, capaci di attrarre nuovi pubblici. La seconda è che i teatri devono cominciare a ‘prendersi tempo’, a stare aperti non solo durante gli spettacoli, ma dalla mattina alla sera, con accesso al pubblico alle prove, agli uffici, come se fossero una piazza”. La terza linea di azione, ha continuato Paolucci, è che i teatri imparino a “parlare più lingue, non solo quelle dell’artista: parlare la lingua del sociale, dialogare con le fragilità, con le scuole, ma anche con le imprese per raccontare le aziende in maniera diversa”. La quinta e ultima indicazione è “avere la capacità di convincere i nostri vicini di casa che il teatro è importante per loro: dobbiamo trasformarci in una necessità per la gente”.
Sulla cultura ha investito molto il Comune di Bologna, anche e soprattutto in questi tempi, in cui ha dovuto fronteggiare i mancati incassi della tassa di soggiorno per il venir meno dei flussi turistici: “In pochi giorni di lockdown, abbiamo perso 11 milioni del nostro bilancio, di cui 6,5 milioni erano per la cultura – ha detto Matteo Lepore –. Grazie al recupero dell’evasione fiscale e ad alcuni risparmi siamo riusciti a far partire comunque la programmazione estiva e a dare continuità ad alcuni nostri bandi”. Se l’offerta di “Bologna estate” rimane e si arricchisce di nuovi luoghi e modalità di fare e vivere la cultura, tutto il settore va però ripensato. “Il settore culturale in Italia è tanto ricco quanto precario e con poche cautele, dobbiamo evitare che, finita l’emergenza, si torni alla situazione di partenza, con una debole politica di sostegno alle imprese culturali”.
Su questo punto ha ripreso la parola la direttrice della Fondazione Unipolis, Marisa Parmigiani: “Vanno ripensate le logiche di finanziamento della cultura, che non deve più essere un bene da salvaguardare modello ‘panda protetto’, ma un settore su cui investire e che deve anche iniziare a ragionare in termini di project financing”. Fondamentale, per gli operatori culturali, è riuscire ad allargare i propri pubblici, creare sinergie anche con imprese e privati, uscire dalle proprie nicchie. È il consiglio di Roberta Paltrinieri, colto al volo da Andrea Paolucci: “Io sono convinto che il teatro faccia bene come lo sport, il problema è che però riesce a coinvolgere molte meno persone. Dobbiamo allora reinventarci una professionalità, magari confrontandoci, come abbiamo fatto oggi, con antropologi, sociologi e imprenditori”.
ConVERSAre – Dialoghi intergenerazionali
Pensare a un “Futuro sostenibile” vuol dire anche pensare alle nuove generazioni: “ConVERSAre – Dialoghi intergenerazionali” è stato il titolo del secondo appuntamento pomeridiano promosso da Generazioni Legacoop Bologna, a cui hanno partecipato Rita Ghedini, la presidente della cooperativa Martin Pescatore Debora Calabrese e il presidente di Cotabo Riccardo Carboni. Non un webinar classico, ma quasi un gioco di società, con domande estratte a sorte, poste dai giovani di Generazioni.
Prima domanda: in un mondo che impone sempre più flessibilità e rapidi cambiamenti, come innovare e sapersi trasformare, rimanendo però fedeli alla propria identità e alle proprie radici? “Fare cooperazione è, mai come in questo momento, innovativo, e credo che il nostro sia ancora un modello attuale e vincente – ha risposto Riccardo Carboni –. Le cooperative sono strutture che mettono insieme i lavoratori, facendo però anche gli interessi del territorio”.
Seconda domanda: gli aspetti generazionali possono essere un ostacolo all’interno delle cooperative? “Io ho il piacere di rappresentare e di appartenere a una cooperativa fatta da giovani e che investe nei giovani – ha risposto Debora Calabrese –. Gli aspetti generazionali possono essere un problema, ma anche una risorsa, non si può generalizzare. L’età avanzata della classe dirigente può rappresentare un rischio perché potrebbe comportare una rigidità dei meccanismi, una cronicizzazione di modelli e stereotipi, un ostacolo nella proiezione verso il futuro”.
Terza domanda: negli ultimi mesi ci sono state situazioni in cui è stato necessario rispondere in modo diverso rispetto a prassi consolidate? “Siamo stati tutti costretti a imparare delle cose che non sapevamo fare, ma abbiamo anche scoperto di saper fare cose che non immaginavamo di saper fare – ha risposto Rita Ghedini –. Credo che l’upgrade tecnologico che ognuno di noi ha dovuto approcciare nel lavoro e a casa, si porti dietro un aspetto di apprendimento estremamente importante. L’emergenza ci ha messo anche nelle condizioni di dover decidere cose enormi, velocemente: abbiamo certamente fatto degli sbagli, ma abbiamo scoperto di saper decidere in fretta, e di saper attuare quelle decisioni in fretta”.
Quarta domanda: quanto peseranno all’interno delle aziende l’innovazione strutturale e tecnologica e l’innovazione organizzativa? “L’innovazione tecnologica, per quel che ci riguarda, deve semplificare l’accesso ai servizi – è toccato di nuovo a Riccardo Carboni –. Ma con l’innovazione tecnologica cambiano anche i modelli organizzativi. Quando abbiamo pensato a come innovare una struttura come la nostra, non abbiamo pensato solo a una nuova piattaforma tecnologica, ma abbiamo pensato anche a nuovi modelli di governance e management”.
Quinta domanda: l’essere cooperatori è stato un valore aggiunto nella gestione dell’emergenza, sia nei confronti degli stakeholder sia nei confronti dei soci? “La risposta è assolutamente sì – ha risposto Debora Calabrese –. Per quanto mi riguarda, essere parte di una cooperativa, in particolare di una cooperativa sociale, è stato un valore aggiunto, proprio perché abbiamo cercato di coniugare le emergenze con i bisogni. Noi siamo abituati a lavorare sull’emergenza, sui cambiamenti, siamo abituati alla flessibilità, a dare delle risposte che spesso lo Stato non riesce a dare: è da una vita che facciamo così, ascoltare i bisogni, senza lasciare indietro nessuno”.
Sesta domanda: la comunicazione all’interno e all’esterno delle aziende è sempre più importante, ma c’è l’impressione che il movimento cooperativo a volte adotti strumenti vecchi e improvvisati. È così? “Forse dipende dalla natura e dalla struttura delle imprese cooperative – ha spiegato Rita Ghedini –. Le cooperative che comunicano di più sono quelle che hanno dimensioni medio e grandi, e molto spesso comunicano il loro specifico produttivo. Quelle più piccole non hanno, invece, l’articolazione organizzativa per fare comunicazione. Raramente riusciamo poi a comunicare ciò che c’è di distintivo nel fare cooperazione”.
Settima domanda: tutte le imprese più innovative di oggi hanno meccanismi collaborativi, su cosa si dovrebbe investire per promuoverli? “Noi cerchiamo di mettere a disposizione del territorio tutto quello che sappiamo fare – ha risposto Riccardo Carboni –. Se c’è qualcuno che deve attivare un qualsiasi tipo di progetto che riguarda i trasporti, sa che in Cotabo può trovare conoscenze e disponibilità. Ricerchiamo la collaborazione anche all’interno della cooperativa verso i soci, utilizzando tutti gli strumenti a disposizione, dalla comunicazione alle attività ricreative: tenere insieme le persone anche fuori dal lavoro, cercando di fare da aggregatore di interessi. In una cooperativa non si sta solo per lavorare, ma per stare insieme”.
Ottava e ultima domanda: come aumentare la sostenibilità del sistema cooperativo, tenendo conto dei costi e delle possibili resistenze al cambiamento? “Abbiamo scelto quasi 3 anni fa di correre un rischio, di connettere l’Agenda 2030 con l’agire cooperativo – ha concluso Rita Ghedini –. Questo ha comportato più che delle resistenze, delle difficoltà di natura culturale ad adottare pienamente il modello dello sviluppo sostenibile. C’è inoltra il tema dell’impatto sui costi di produzione e sui processi industriali. Ciononostante, io sono fiduciosa: potremo affrontare le enormi difficoltà che ci aspettano nei prossimi mesi e nei prossimi anni, solo con un approccio trasformativo e non conservativo. Dovremo saperci reinventare, e in questa trasformazione dovremo tenere insieme sostenibilità ambientale, sociale ed economica”.
Think4Food Talk
La lunga giornata di Legacoop Bologna si è chiusa con il primo “Think4Food Talk” dedicato all’SDG 17, rivolto a rafforzare la creazione e il rilancio di strategie collaborative e sinergiche a livello locale e globale per poter rispondere a tutti gli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 ONU. Ospiti dell’evento, Rita Ghedini, Cristina Petracchi (Head of Food and Agriculture Organization of the United Nations – e-learning Center), Sara Teglia (project manager di Impronta Etica) e Domenico Canzoniero (founder di NDB – Il Marketing Consapevole).
Think4Food è il progetto ideato e promosso da Legacoop Bologna insieme a Confcooperative Bologna e Legacoop Imola, con il patrocinio dell’Università di Bologna e il contributo della Camera di commercio di Bologna. L’iniziativa mette in connessione le imprese cooperative con start up, ricercatori e studenti universitari che hanno idee innovative per lo sviluppo sostenibile nel settore agroalimentare, attraverso una Call 4 Ideas che vuole per premiare idee innovative utili al raggiungimento di uno o più dei 17 SDGs della Agenda ONU 2030. Le iscrizioni alla Call 4 Ideas sono aperte fino al 30 settembre: https://www.think4food.org/call-4-ideas/.