“Piattaforme cooperative: Visioni, imprese e politiche per lo sviluppo” questo il titolo del convegno tenutosi oggi a Spazio Dumbo a Bologna. Esperienze, imprese e progetti di piattaforme cooperative, in grado di coniugare tutela del lavoro, innovazione e responsabilità verso il territorio. Modelli di impresa alternativi alle logiche estrattive delle grandi piattaforme, sperimentazioni che stanno crescendo in Italia e nel mondo per dare risposta a bisogni e a esigenze di maggiore equità.
Il convegno è stato promosso da Legacoop Emilia-Romagna, Fondazione Centro Studi Doc, Rete Doc e AlmaVicoo, il centro universitario per la formazione e la promozione dell’impresa cooperativa fondato da Università di Bologna e Legacoop Bologna. L’evento è stato organizzato in collaborazione con Coopfond, Innovacoop nodo territoriale Pico, Fondazione Barberini e Vicoo Platform.
I lavori sono stati aperti da Piero Ingrosso, vicepresidente di Alma Vicoo, e dagli interventi di Erika Capasso, presidente della Fondazione Innovazione Urbana, Simone Gamberini, direttore generale di Coopfond, e Giovanni Monti, presidente di Legacoop Emilia-Romagna.
Uno dei temi affrontati è stato quello dei lavoratori delle piattaforme, con l’europarlamentare Pd Elisabetta Gualmini, che ha illustrato i principi cardine della direttiva europea di cui è relatrice. “Con la direttiva in discussione al Parlamento Europeo affermiamo alcuni principi base per affermare i diritti sociali e dare tutele ai lavoratori delle piattaforme. In primis chiariamo che laddove ricorrano tutte le condizioni oggettive della subordinazione, il lavoratore deve avere tutte le tutele del lavoro subordinato. Se non sono subordinati, sono autonomi. Non sono previste tipologie nuove o intermedie – ha spiegato Gualmini – Nella direttiva affermiamo anche che le piattaforme devono registrare i lavoratori nel Paese dove operano, che ci devono essere controlli maggiori e che le decisioni importanti della vita di un lavoratore non possono essere comunicate con un messaggio ma devono essere ricondotte a una persona umana che deve spiegare e motivare. Non vogliamo più vedere licenziamenti su whatsapp”.
Per la presidente di Legacoop Bologna Rita Ghedini la direttiva europea sul lavoro nelle piattaforme “sarà di grande importanza”. “Pur riscontrando alcuni aspetti critici, che possono riguardare la cooperazione tra lavoratori autonomi o tra imprenditori – ha spiegato la presidente di Legacoop Bologna e coordinatrice del gruppo Lavoro della Direzione Nazionale di Legacoop- auspico che lo spirito della direttiva possa essere recepito nell’ordinamento e anche la scelta binaria, cioè lavoratori subordinati o autonomi, è condivisibile”.
“I vantaggi competitivi del modello cooperativo rispetto a quello estrattivo tipico delle piattaforme capitalistiche ci sono. – ha detto Piero Ingrosso, vicepresidente di Alma Vicoo – C’è la vicinanza sul territorio che previene le distorsioni, e penso alle piattaforme in ambito di turismo sostenibile, poi c’è una consolidata esperienza in ambito di governance democratica, la tecnologia messa al servizio degli utenti, i soci che hanno un centralità fondamentale e che sono la ricchezza più importante del modello cooperativo. Perché tutto funzioni però, serve che i singoli modelli diventino un ecosistema. Questo richiede un supporto di vario tipo, anche finanziario”.
“Il modello cooperativo si può rigenerare attraverso le nuove sfide, ad esempio offrendo un’alternativa al modello estrattivo imperando in ambito di piattaforma – ha detto Simone Gamberini, presidente di Coopfond – Il modello cooperativo si è ripensato più volte nel corso del tempo. Negli anni 70 e 80 del secolo scorso con la nascita delle cooperative sociali, una decina di anni fa con le cooperative di comunità, oggi la sfida è data dal capitalismo di piattaforma, un modello da affrontare attraverso forme di gestione democratica delle piattaforme che prevedano la redistribuzione verso i soci e le comunità. Abbiamo progetti in questo senso, si tratta di una sfida strategica”.
Di fronte al capitalismo di piattaforma, ha invece raccontato Giovanni Monti, presidente di Legacoop Emilia-Romagna, “il compito che hanno le cooperative è anche di tipo culturale”. “Dobbiamo creare – ha detto Monti – condizioni perché ci sia una governance democratico e partecipata, ma nello stesso tempo per evitare che le persone vengano emarginate dalla transizione tecnologica. Per questo bisogna alzare il livello di consapevolezza digitale delle persone”.
Durante il convegno spazio anche alle migliori esperienze italiane e estere che stanno usando le piattaforme digitali in maniera etica e cooperativa, come Tazebaez, CoTaBo, Fairbnb, Doc Creativity, Robinfood, Elemental Studio.
Ai lavori hanno partecipato anche studiosi, ricercatori, docenti, cooperatori e cooperatrici. Tra gli altri Giusella Finocchiaro (professoressa dell’Università di Bologna), Vanni Rinaldi (Responsabile innovazione di Legacoop nazionale), Anita Gurumurthy (IT for change), Flaviano Zandonai (Open innovation manager Gruppo Cooperativo CGM), Francesca Martinelli (direttrice fondazione Centro Studi Doc), Giuseppe Guerini (presidente Cecop).
Vanni Rinaldi ha ricordato come le cooperative possano attrezzarsi per la gestione dei dati dei soci. Idealmente si passerebbe così “dalle coop alle CoApp, dove la tecnologia viene messa al servizio del cooperativismo consentendo relazioni più stabili ed eque e, in definitiva, la mutualità digitale”.
Flaviano Zandonai ha invece spiegato come le cooperative di piattaforma abbiano la capacità di leggere, e profilare, i bisogni. Quindi “dovrebbe incentivare i soggetti che le usano a diventare anche soci”.
Francesca Martinelli, ricercatrice e attivista, ha delineato le caratteristiche delle “unicorn company”, startup che entro cinque anni dalla nascita vengono valutate più di un miliardo di dollari e che, per fare questo, costruiscono monopoli e catapultano i lavoratori nella gig economy dei lavoretti. Quella del “plattform cooperativism” è una contro narrazione efficace, “perché la tecnologia viene utilizzata all’interno di una comunità per redistribuire valore, in legalità, sicurezza, e rispetto dei diritti dei lavoratori. Non c’è intermediazione e tutto il plusvalore finisce nelle mani dei soci, in più la tecnologia viene usata in modo etico”.
Giusella Finocchiaro infine ha tratteggiato il quadro giuridico italiano ed europeo in materia di gestione dei dati. “La sfida – ha detto – è prevedere che ci siano modelli europei per utilizzare i dati raccolti, altrimenti avremo un patrimonio informativo enorme non valorizzato. Valorizzare i dati si può fare anche fuori dall’ambito economico, penso ad esempio dal punto di vista delle ricerca scientifica. In tutto questo servirà agire con equilibrio”.