Bologna, 10 giu. – Tre anni fa la Commissione europea ha adottato un piano d’azione per l’economia sociale per sostenerne la crescita in tutti i paesi dell’Unione Europea. Ruth Paserman, direttrice alla Direzione generale per l’occupazione, gli affari sociali e l’inclusione della Commissione Europea, ne illustra gli aspetti e le declinazioni in scala locale.
Perché l’Ue ha ritenuto necessario dotarsi di un Piano d’azione per l’economia sociale?
In Europa abbiamo bisogno di posti di lavoro di qualità, di più inclusione sociale e inserimento nel mercato del lavoro e di uno sviluppo economico più sostenibile. L’economia sociale può contribuire a tutto ciò. Il suo sviluppo nell’Ue però non è omogeneo. In Italia, i valori e i principi dell’economia sociale, come li intendiamo a livello europeo, sono molto vicini a quelli del “terzo settore”, quindi hanno una lunga tradizione; in altri paesi però, l’economia sociale è ancora nella sua fase iniziale.
Come è stato elaborato il piano?
Per farlo abbiamo condotto consultazioni e ricerche per due anni, consultando istituzioni Ue, Stati membri, organizzazioni dell’economia sociale e i cittadini. Abbiamo anche coinvolto un gruppo di esperti sull’economia sociale e le imprese sociali che abbiamo a livello europeo di cui fanno parte l’Istituto Europeo di ricerca sull’impresa cooperativa e sociale (Euricse), con base in Italia, e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Il piano d’azione ha tre obiettivi principali: creare condizioni favorevoli all’economia sociale attraverso leggi, politiche e misure adeguate; agevolare l’accesso alle risorse finanziarie e ai servizi e alle reti di sostegno alle imprese; e aumentare la visibilità dell’economia sociale e del suo potenziale grazie a ricerca, dati e attività di comunicazione.
Come viene declinato in scala locale il Piano?
Una delle azioni più importanti è una raccomandazione del Consiglio per aiutare gli Stati membri a creare condizioni favorevoli per l’economia sociale. È stata adottata nel novembre 2023 e contiene indicazioni su tutti gli ambiti che possono avere un impatto sullo sviluppo dell’economia sociale: occupazione, inclusione sociale, accesso ai finanziamenti, appalti pubblici, aiuti di Stato, fiscalità e statistiche. Tra le varie cose, la raccomandazione esorta gli Stati membri a sviluppare delle strategie nazionali per l’economia sociale. Le Regioni e le città possono adottare strategie adattate alle priorità locali. Il Piano Metropolitano per l’Economia Sociale di Bologna è un buon esempio”.
Quali sono i fondi a disposizione?
Vari programmi dell’Ue possono sostenere l’economia sociale. InvestEU garantisce prestiti e investimenti nelle imprese sociali. Il Fondo sociale europeo + è un’altra fonte importante di finanziamenti. Abbiamo lanciato l’anno scorso un portale online per l’economia sociale che comprende una sezione sulle opportunità di finanziamento dell’Ue e pagine per paese con informazioni sui punti di contatto nazionali. Contiene anche informazioni sulle politiche dell’UE per l’economia sociale, su buone pratiche in altri paesi e sulla situazione dell’economia sociale nei 27 paesi Ue”.
Si può fare un primo bilancio della realtà italiana da quando il Piano è stato stilato?
Nel 2020 abbiamo fatto una mappatura delle imprese sociali in Europa che ha mostrato che l’Italia è uno dei paesi europei in cui le imprese sociali godono dei più alti livelli di riconoscimento, insieme a Francia e Belgio. Alcuni aspetti del quadro giuridico italiano e del sostegno al terzo settore possono ispirare altri paesi che si trovano in una fase iniziale di sviluppo dell’economia sociale. Due pratiche italiane interessanti sono per esempio il trasferimento di imprese ai lavoratori tramite cooperative, e il Consiglio Nazionale del Terzo Settore che è un esempio di come promuovere il dialogo tra le autorità pubbliche e le organizzazioni dell’economia sociale.
(di Lavinia Lundari Perini da Album Repubblica)