Un sentito, caloroso ricordo a due persone che, in generazioni diverse, hanno contribuito alla costruzione e alla crescita del movimento cooperativo, ma allo stesso tempo, la consapevolezza condivisa, che il modo migliore per ricordare Luciano Calanchi e Adriano Turrini, fosse quello di guardare al futuro, attraverso un premio che andasse a scovare le migliori tesi a tema cooperativo.
È questo, in sintesi, l’idea al centro del Premio Luciano Calanchi e Adriano Turrini e della giornata che si è svolta il 10 ottobre presso la Fondazione Barberini, promossa da Legacoop Bologna in collaborazione con Fondazione Ivano Barberini e Fondazione Unipolis, con il patrocinio del Comune e della Città Metropolitana di Bologna, della Regione Emilia-Romagna e dell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, dove sono state premiate tre tesi di laurea a tema cooperativo.
A Marco Lomuscio, 29 anni, originario di Monza e laureato all’Università di Trento, è stato consegnato un assegno di 5.000 euro per la sua tesi di dottorato “Going collective: Italian worker takeovers“, dedicata ai workers buyout ovvero le cooperative fondate dai dipendenti per salvare imprese in crisi.
A Stefano Tortorici, 27 anni, originario di Palermo e laureato all’Università di Bologna, è stato consegnato un assegno di 3.000 euro per la sua tesi di laurea magistrale “Piattaforme cooperative. Organizzazione del lavoro e democrazia radicale nel XXI secolo“.
A Antonietta Troisi, 28 anni, ricercatrice dell’Università di Bologna originaria di Siena, è stato consegnato un assegno di 15.000 euro per il suo progetto di ricerca internazionale comparata intitolato: “Le operazioni di Workers Buyout tra diritto cooperativo e diritto dell’insolvenza“.
Ad aprire i lavori è stato Simone Gamberini, presidente Legacoop e Fondazione Barberini: “Abbiamo voluto condividere un percorso legato alla memoria di due grandi cooperatori che hanno avuto un ruolo fondamentale nella costruzione del movimento cooperativo, due persone che non hanno mai messo al centro la dimensione dell’io ma si sono messe a disposizione dell’organizzazione in cui hanno lavorato”. “Per questa ragione”, ha concluso Gamberini, “per la loro memoria abbiamo pensato a un bando che guardasse alle nuove generazioni per costruire la cartografia del movimento cooperativo del futuro andando a intercettare quello che viene prodotto a livello accademico.”
Pierluigi Stefanini, presidente Fondazione Unipolis, ha sottolineato come nelle scelte dei due cooperatori scomparsi fosse evidente una forte “propensione verso percorsi formativi rivolti a più giovani” insieme a un “autentico riformismo” che teneva insieme “valori di giustizia , solidarietà e emancipazione delle persone svantaggiate, insieme a un’idea di intervento sulla realtà.” “Entrambi” ha concluso Stefanini, hanno promosso la cooperazione, osando, e spendendosi nel promuovere l’innovazione, intendendo la cooperazione come metodo di interpretare la realtà e di cambiarla.”
“Questo premio mette in pratica il principio cooperativo della Transgenerazionalità” ha dichiarato Rita Ghedini, presidente di Legacoop Bologna, “abbiamo lanciato una sfida innanzitutto a noi stessi, ovvero essere capaci di cedere la capacità di leggere il mondo a chi viene dopo. Una sfida per superare l’ autoreferenzialità, grazie a giovani ricercatori e ricercatrici. Infine, ha concluso Ghedini “siamo al lavoro per il lancio della nuova edizione del premio che avrà sempre un focus sulle nuove forme di mutualismo, sulle connessioni internazionali e lo sviluppo sostenibile”
Il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, ha riflettuto sul ruolo della cooperazione oggi, dove è chiaro il bisogno che c’è di “una cultura della solidarietà che si esprima in nuove pratiche e con soluzioni nuove”, in un contesto, quello bolognese, in cui in controtendenza crescono il numero dei giovani della fascia 18-35, ma con redditi non adeguati.
Oggi, suggerisce Lepore, “c’è bisogno di solidarietà e di organizzarla non come assistenzialismo ma come protagonismo delle persone e a Bologna questa cosa è possibile”.
La giornata è stata anche l’occasione per ascoltare la lectio magistralis del Prof. Luigi Corvo, ricercatore all’Università Milano Bicocca. Corvo ha parlato di “hackerare le metriche finanziare” ovvero di allargare il modo in cui vengono valutate i profitti delle aziende inserendo nei costi anche le esternalità, sociali e ambientali, che una determinata attività produce. “Nell’organizzazione cooperativa”, sostiene Corvo, quei costi “vengono trasformati in valore”, cosa che rende l’organizzazione cooperativa assolutamente contemporanea, come dimostra anche la nascita di tante aziende B-Corp “che qui esistono da sempre”. Un altro passaggio cruciale è stato sul fatto che “il modello cooperativo non stia giocando un ruolo all’interno del paradigma della sostenibilità”, e che questo sia attualmente “piegato a logiche ESG, senza una visione”, dove “viene messa in contrasto la questione ecologica e la questione sociale.”
Infine Corvo lancia la sfida: “Perché esiste una scuola come la Luiss, che interpreta il mondo confindustria e che attrae talenti da tutto il mondo e non esiste niente di analogo nel mondo cooperativo? Perché non alzare l’asticella dell’ambizione e creiamo dei luoghi di costruzione delle nuove classi politiche e dirigenziali per dare una risposta a una generazione nativa cooperativa, che dà valore alla relazione e allo scambio mutualistico?”e piattaforme cooperative e i workers buyout,
L’ultima parte della giornata è dedicata a una tavola rotonda, moderata dalla giornalista de Il sole 24 ore, Ilaria Vesentini, sui temi proposti nelle tre tesi vincitrici del Premio Calanchi Turrini. Tra i temi affrontati il cooperativismo di piattaforma, ovvero un modello alternativo di piattaforma che sta nascendo tra Stati Uniti e Europa, in risposta allo strapotere delle piattaforme di tipo capitalistico estrattivo. Il lavoro di Stefano Tortorici parte dall’analisi del numero di piattaforme cooperative presenti oggi a livello globale, che sono circa 500 stando ai numeri riportati nel sito del Platform cooperativism consortium.
Tra i casi studi esaminati, nel lavoro di Stefano Tortorici, ci sono tre piattaforme che nascono a Bologna, Consegne etiche, Cotabo, e Fairbnb, ovvero un servizio di delivery, di trasporti e di affitti a breve termine, che hanno provato a dare una risposta a corrispettivi estrattivi come Glovo o Deliveroo, Ubero e Airbnb.
Un altro tema affrontato è quello dei workers buyout, ovvero quelle aziende che nascono per mano dei lavorati che comprano l’azienda per la quale lavorano e che è, tipicamente, in fase di smantellamento. Tra gli aspetti sottolineati dal lavoro di Marco Lomuscio c’è la sottolineatura di come questo tipo di operazioni siano di fatto delle fondazioni di nuove startup di tipo cooperativo e di come il modello italiano venga studiato in tutti gli i paesi del mondo dove questa pratica si sta diffondendo
Il modello dei workers buyout è anche al centro del lavoro, ancora in corso di svolgimento, di Antonietta Troisi, di taglio più giurisprudenziale, che la porterà a confrontare modelli internazionali diversi e ad approfondire l’esperienza argentina, “più conflittuale e in un contesto in cui non c’è dietro un associazione che sostiene queste operazioni come Legacoop, ma che ha invece una giurisprudenza da studiare molto ricca”.